Prima novità dell'anno nuovo: il mio primo romanzo su una mia scoperta che rivoluzionerà il modo di leggere la Divina Commedia.
Sotto, tutte le notizie e anticipazioni. Anche sul programma, ovviamente!
Buona lettura a tutti!

MISSING TIME NELLA PIRAMIDE DI CHEFREN



Gentili lettori, già in un’altra occasione, anni fa, abbiamo affrontato un tema molto affascinante e altresì controverso: i cosiddetti “missing time” nella piramide di Chefren. 
Nel dettaglio parliamo dell’articolo “Lo Zed, il tempo a Giza si ferma”(link per la lettura QUI) in cui abbiamo riportato sia lo studio di alcuni importanti ricercatori, sia un racconto di un’esperienza simile a quella che troverete qui di seguito, in cui il visitatore, con la sensazione di essere rimasto nella Grande Piramide per poco tempo, una volta fuori si è reso conto di esservi rimasto molto più di quanto non sembrasse. Forse, tutto è riconducibile a forze elettromagnetiche che ancora non conosciamo bene ed è tutto legato alla stessa esistenza dello Zed. Tuttavia, questa non è altro che una delle molte ipotesi, almeno per ora, al vaglio dei ricercatori e nulla più. 
Ma non vogliamo farvi perdere tempo e vi lasciamo alla lettura di questo breve racconto vissuto in prima persona dalla prof.sa Giuliana Farinaro, collaboratrice da poco tempo del blog e grande ricercatrice.
A voi la lettura e le opinioni.



F.M.



 Missing time nella piramide di Chefren


L'imbocco del corridoio.
Ho avuto la fortuna di poter  fare una crociera sul Nilo, pochi anni fa, la cui ultima tappa era stabilita in una visita al Cairo e all’area delle grandi piramidi. Al nostro gruppo era spettata la visita della piramide di Chefren.
Inizialmente, devo essere sincera, non ero intenzionata ad entrarvi, in quanto l’apertura esterna, che conduceva al corridoio interno, era alta circa 50 cm e di poco più larga, cosa da far venire la claustrofobia anche a chi non l’aveva mai sofferta.
Stavo bighellonando nei dintorni dell’entrata con mia sorella M., ancora indecisa sul da farsi, quando, ad un certo punto, una signora del gruppo ci avvicinò e disse: “ Perché non ci entriamo? Quando avremo la possibilità di ritornare qui?.
L’idea non era poi così errata e allora, dopo un breve consulto, detto fatto, demmo i soldi alla guida, insieme alla macchina fotografica, in quanto non è possibile, se non con permessi speciali, fare foto all’ interno della Piramide.
Io, A. e G., il marito della signoria che aveva invitato tutti ad entrare, ci incamminammo all’ ingresso. G. fece solo due passi, ma poi tornò prontamente indietro, bloccato dalla claustrofobia, mentre A. ed io penetrammo più nel profondo fino ad imboccare il corridoio. Per agevolare i turisti nel passaggio erano state messe  ai lati del muro dei corrimani mentre per terra alcune asticelle di legno non facevano scivolare nella discesa, lunga 32 metri e molto poco illuminata. A metà strada, una rientranza custodiva dei ventilatori lì posti per refrigerare e far meglio circolare l’aria nell’ambiente, irrespirabile. Nell’avanzare verso l’interno della Piramide, sorse però il problema di incrocio con quei gruppi che, mentre noi stavamo entrando, uscivano attraverso lo stesso stretto passaggio. Bisognava allora appiattirsi al muro per poter passare e cercare di non “sentire” la claustrofobia e la poca aria tutt’attorno.
Al termine della discesa, un corridoio orizzontale terminava nella stanza del sarcofago, molto alta e spaziosa, in cui non faceva caldo e la cui aria era molto più respirabile di quanto non credessimo; sulla parete frontale dell’ambiente, posto all’interno di un rettangolo, c’era scritto “ Scoperto da Giovan Battista Belzoni” e il relativo anno della scoperta (2 marzo 1818); alla destra dell’entrata, sul fondo, si ergeva, imponente, il sarcofago scoperchiato.
A. disse: “ Andiamo a salutare il faraone” (anche se eravamo ben consci che in quell’ambiente non c’era mai stato un faraone). Ci avvicinammo, poggiammo ambedue le mani sul bordo del sarcofago in granito, perfettamente levigato anche all’interno, osservammo alcuni istanti il suo interno, le staccammo e ce ne andammo, riprendendo il tunnel percorso all’andata per dirigerci verso l’uscita.
Una volta fuori, mia sorella e G.,  preoccupatissimi, ci dissero : “ Ma quanto tempo ci avete impiegato?”

L'esterno della Piramide.
Io e A., sbalordite e confuse, rispondemmo: “ Solo 15 minuti, massimo 20”.
Attoniti e perplessi, M. e G. ci risposero: “ Ma se siete state via 1 ora e mezzo!”.



Due sono i casi che terrei a proporre:

1) Per effettuare il percorso ci si impiega veramente più di un’ora, e in questo caso non ci siamo accorte del tempo che scorreva.

2) Serve meno tempo di quanto non appaia per chi lo vive, solo che per noi erano passati 15-20 minuti mentre nella realtà erano trascorsi più di un’ora. In questo, caso, mancano circa un’ora, un’ora e 15 minuti, e non so cosa sia potuto succedere nel frattempo.






FARINARO GIULIANA è nata a Marcianise(CE), il 29/10/1957, è Laureata in Scienze Naturali all' Università "Federico II" di Napoli con tesi sperimentale in Ecologia animale (studiando l'assetto ecologico di un fiume), tesina sperimentale sulla Chimica delle argille, ed è docente a tempo indeterminato su A060 di Scienze Naturali ,Chimica, Geografia e Microbiologia. Specializzata in Giornalismo e comunicazioni di massa, fa parte della Protezione Civile del suo paese ed ha la passione per la fotografia naturalistica. Il suo rapporto col mistero è di vecchia data e, nonostante una solida base scientifica, a priori non rimegetta alcuna ipotesi, cercando con decisione quale sia la verità attorno a quel fenomeno che, spesso, non ha ancora una giustificazione scientifica universalmente accolta. Giuliana Farinaro è testimone di avvistamenti UFO, ha vissuto un "missing-time" nelle piramidi della valle di Giza ed ha spesso fotografato oggetti che non erano presenti al momento dello scatto.
Giuliana Farinaro scrive anche poesie e piccoli racconti, per cui ha avuto vari riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale, ed è fondatrice e gestrice del blog www.ilmondovistodayulia.wordpress.it in cui tratta principalmente della propria passione per la fotografia naturalistica, di cui racconta i suoi viaggi nei luoghi e nei colori che più la affascinano del mondo.

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