Sandro Botticelli, Primavera. Galleria degli Uffizi, Firenze. |
Specie se l'idea, all'apparenza folle ma anche affascinante, fosse già stata sfruttata e azzardata da uno studioso che ti ha anticipato nelle mosse, o solo nel tempo.
Già, perché potrebbe succedere qualcosa di non dissimile. Qualcosa che travalichi i meri confini della materialità e metta in contatto persone separate dallo spazio in un solo tempo. Impossibile da immaginare, ma concreto se si azzarda una plausibilità di idee e concetti vissuti e sentiti come pura energia in viaggio da secoli, in cerca della sua concretizzazione.
Ecco quindi che al principio del mio studio sulla Divina Commedia di Dante Alighieri, uno dei capolavori assoluti della letteratura mondiale - poema diviso in tre cantiche a loro volta composte da 33 canti l'una con la sola eccezione dell'Inferno, che ne conta uno in più - quando mi cascò l'occhio, in un pomeriggio di domenica, durante una visita alla Galleria degli Uffizi di Firenze (la mia città) sulla Primavera di Sandro Botticelli, fu proprio allora che notai alcuni particolari che sembravano ricondurre alcuni vaghi tratti di quel sublime dipinto rinascimentale alla mia idea sul massimo lavoro del Vate della lingua italiana. Ma tornare a casa e ricordarsi che sì, esiste un possibile legame tra la Primavera e la Divina Commedia perché un ricercatore ha rimesso tutto in gioco anni prima, è quanto di più sfiancante si possa augurare a chiunque. Mentalmente, nella mia mente intendo, forse i due studi si erano fusi l'uno nell'altro. Avevo insomma composto un unicum da due ricerche allo stesso modo distanti e vicine.
Di cosa parli il mio lavoro di ricerca che trascritto nel mio primo romanzo ("L'oro di Dante", thriller edito da Youcanprint e disponibile in formato cartaceo a 24 euro e ebook a soli 3,99 euro. Qui lo short link di Amazon per l'acquisto: http://goo.gl/qTZyhj) sarà un tema di cui tratterò poco alla volta, poiché prima occorre fare un salto indietro e tornare alle radici di quel problema posteriore sì alle mie prime scoperte sulla Divina Commedia, ma fondamentale per la soluzione che mi avrebbe poi illuminato.
Ed ecco perché principio da qui. Ma andiamo con ordine...
Dicevamo di Botticelli, del possibile legame delle sue opere, e quindi suo, alla Divina Commedia. Perché Sandro Mariani di Vanni Filipepi, al secolo proprio Botticelli, tra le altre frequentò assieme a un giovane e spavaldo Leonardo da Vinci, con cui strinse una più che solidala bottega di Andrea del Verrocchio nella vecchia e fiorente Firenze di metà '400, amicizia. Una sorta di cenacolo di idee, insomma. E ricordando dei misteri aleggianti attorno alla figura potente e magnifica di Leonardo, allora non si può non ammettere che i dubbi sorgano più che spontanei. Botticelli, per di più, aveva avuto l'ardore di rappresentare l'inferno dantesco e tutti i canti della Divina Commedia in carta pecora.
La connessione era quindi più che automatica, ma non sufficiente ad acquietare le fantasie mie, altrui, e gli ardori che mi spinsero a cercare cosa vi fosse dietro quelle immagini. In fondo, Botticelli poteva solo essere finito nel ribollente calderone del vociferare inusitato e insensato che può aspergere una mente sublime quale quella leonardesca, e i suoi seguaci di conseguenza. Mistero, a volte, è semplicemente qualcosa che non si comprende o che non si conosce.
Ma io avevo visto qualcosa nelle sue opere che sembrava avvicinarsi al mio lavoro. Ne ero convinto. E scelsi allora di gettarmi in quel calderone ribollente io stesso.
Poi, dopo alcune brevi analisi e contorti ragionamenti, allora ricordai.
Nella Primavera si trovavano alcuni elementi dettagliati da un ricercatore. Si trattava di alcune coordinate geografiche e della possibile data dell'equinozio di aprile del 1319, forse riportato dal medesimo Dante Alighieri nei primi versi della cantica del Paradiso(la terza, dopo Inferno e Purgatorio). Una scoperta realizzata però... da Giancarlo Gianazza. Ad onor della cronaca e di un grande lavoro(nonostante il mio forte turbamento e senso di sconfitta che mi permeava all'epoca, cioè due anni fa), va riconosciuto che Gianazza, più di tutti prima di tutti, forse, è stato il vero apripista (escludendo René Guenon, s'intende) verso il mondo esoterico del divin poeta e altrettanto capofila a tentate di fornire una risposta alla sfida lanciata da Dante nel IX canto dell'Inferno: "o voi ch'avete li 'ntelletti sani/ mirate la dottrina che s'asconde/ sotto 'l velame de li versi strani".
Un invito più che chiaro a considerare la Divina Commedia sotto una luce del tutto differente dai gradi di lettura a cui invita nel Convivio: letterale, morale e allegorico.
Un metodo, per cui... arcano?
Non lo sapevo e il fatto che qualcuno si fosse mosso con dieci anni di anticipo rispetto a me certo non faceva ben sperare. Anche perché, in base ai suoi studi, Giancarlo Gianazza era giunto a scoprire che Dante poteva essersi ispirato all'Islanda per ambientare la Divina Commedia e, se fosse stato comprovato il suo legame ai cavalieri templari, vi avrebbe potuto nascondere un tesoro con loro o avrebbe potuto sapere della sua esistenza. La scoperta di un ansa naturale scavata da un fiume e legata da Gianazza alla candida rosa dei santi del paradiso, oltre che alle coordinate geografiche nella Primavera e nei versi danteschi (Tu-le; ve ne parlerò) è certamente l'apice del suo studio.
Mi lasciò fin da subito col fiato sospeso e il cuore affranto... ma mi chiesi se fosse davvero quello il vero senso occulto della Divina Commedia e delle opere di Botticelli. Se, insomma, il segreto fosse realmente stato celato in Islanda.
Poteva essere realmente così, in fondo. Dato che persino l'America sarebbe stata scoperta dai templari dopo i Vichinghi ma sempre prima di Colombo (le caravelle, per la cronaca, recavano bandiera templare e Colombo si sposò con una componente della famiglia Sainclair; la più importante tra le famiglie templari). Cento anni prima, per la precisione. Anno più anno meno.
Primavera, Sandro Botticelli. Lo studio di Giancarlo Gianazza |
Ma, guarda caso, furono proprio le opere di Sandro Botticelli a dettarmi la via... E non una, ma trenta!
Non poteva trattarsi di un caso se, seguendo un metodo di scomposizione da me supposto e sviluppato le opere si scomponevano esattamente allo stesso modo e con la medesima curata e fine cadenza. Tutte. Dalla prima all'ultima. Con un occhio particolare alle tre della Cappella Sistina, da sempre criticate per il disordine compositivo.
Disordine, contrario a quello che invece sono. Ordine celato. Nascosto da un segreto che si riconnette esattamente alle mie ipotesi sulla Divina Commedia. Ai miei studi.
In ogni opera di Botticelli ho individuato un pentalfa(o pentagramma, dipende dai gusti), il riferimento al numero 13, la figura di Dante Alighieri e la scritta "DILM"(in molte, non in tutte).
Perché? Cosa significano? In che modo ho potuto trovarli? Qual è il metodo compositivo e scompositivo?
Beh, mi duole dirvelo ma questo sarà il tema dei prossimi articoli. Il mio studio è fin troppo lungo e articolato per concentrarsi in un solo post, per quanto prolisso e approfondito. Posso solo accennarvi che la stella a cinque punte rappresenta Dio, e per questo il Paradiso (cantica e anche regno divino) di cui si dice che gli ultimi tredici canti non furono ritrovati quando Dante morì...
Casualità? Concomitanze? Convergenze storiche o persino simbolico-grafiche?
E' presto per dirlo. Anzi, per dirvelo.
Dovete aver pazienza e predisporvi a cambiare prospettiva.
Su tutto. Divina Commedia e Sandro Botticelli. Templari e simboli ormai noti.
Perché quello che credevate comprovato e saldo, potrebbe rivelarsi errato e arcano.
E la soluzione, potrebbe essere la più semplice che avreste mai creduto.
Perché anch'io analizzando da solo la Primavera ho scoperto che forse la soluzione è molto più semplice di quanto chiunque prima di me non credesse...
Il mio studio su Primavera di Sandro Botticelli. |
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© Filippo Martelli 2013.
Questo articolo fa parte della serie dedicata alle scoperte di Filippo Martelli sulla Divina Commedia. A breve i seguiti e gli approfondimenti.
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