UOMINI SELVAGGI. LO YETI, MITO O REALTÀ?
Il moderno mito dell’ Abominevole Uomo delle nevi si deve al tenente colonnello C. K. Howard Bury che dette al mondo Occidentale la notizia secondo la quale, mentre nel 22 settembre del 1921 stava tentando di completare la sua scalata dell’ Everest, percorrendo il sentiero che da Kharta porta a Lhapka-La, vide col binocolo su un piano innevato sovrastante alcune figure scure dalle sembianze vagamente umane, che si spostavano rapidamente sulla neve. Giunto sul posto per verificare a cosa corrispondessero e di che genere di creature si trattasse, salendo fino a 7.000 metri di quota, notò nella neve tracce di passi e impronte di piedi nudi dalla forma umana sì, ma ben più grandi delle normali.
Il termine “Abominevole Uomo delle nevi” deriva dalla traduzione errata della lingua nepalese MetohKangmi che significa “ Uomo-orso delle nevi” . Yeti, invece, deriva da Yeh-teh, che significa “ quella cosa là”, espressione usata dagli stessi Sherpa. Altro temine utilizzato per definirlo è rakshasa, parola che in sanscrito significa "demoni”, a testimonianza di quanto poco si sappia su questo essere e quale sia la sua fama.
In Occidente, gli Yeti, o abominevoli uomini delle nevi, dovevano essere conosciuti, dato che il grande naturalista Carlo Linneo, ideatore della classificazione binomiale (il sistema che serve a dare un nome agli esseri viventi), lo identifica come “ Homo ferus” e lo descrive come un quadrumane (non bipede) muto e peloso.
Le descrizioni generiche ci fanno quindi pensare a una scimmia ricoperta di pelo rossiccio o marrone su tutto il corpo, ad esclusione di faccia, dorso, piedi e delle mani; lo Yeti avrebbe una lunga capigliatura, presenterebbe un torace possente, con lunghe braccia pendule che arriverebbero oltre le ginocchia, e una testa incassata nelle spalle larghe. Gli Yeti sarebbero onnivori, mangerebbero muschio salato e licheni e la loro dentatura non sarebbe dissimile da quella umana. Inoltre, camminerebbero in posizione eretta con andatura bipede, anche se goffa, e non avrebbero la coda.
Secondo i nepalesi esisterebbero ben tre tipi di Yeti:
1) Teh-lma
Un essere alto solo un metro, con una pelliccia fulva che ne ricoprirebbe il corpo e i piedi piccoli di tipo umanoide con esattamente cinque dita; vivrebbe nelle valli più calde dell’Himalaya nepalese e tibetano e sembrerebbe possedere una forma primigenia di tipo pigmeo.
2) Meh-teh
Questo sarebbe il vero e proprio Yeti, quello che noi conosciamo e su cui si baserebbero la maggioranza delle testimonianze in cui siamo incorsi finora; avrebbe la statura di un uomo alto, la testa allungata (vagamente conica), il colore della pelliccia tra il marrone e il rossiccio (anche se, per altri testimoni, sarebbe bianca o perfino argentea) e se ne starebbe per lo più confinato nelle foreste che si trovano sui monti. Sarebbe proprio lui a lasciare le famose impronte dell’uomo delle nevi, caratterizzate da un secondo dito del piede particolarmente sviluppato.
3) Dzu-teh
Dzu-teh significa “ Cosa grossa”. È l’ultimo tipo ed è noto anche come “Rimi”.
Il Rimi sarebbe alto fino a tre metri, coperto da una lunga pelliccia scura, con piedi grandi, simili a quelli umani e non vivrebbe sull’ Himalaya, ma nelle zone più impervie e accidentate del Tibet orientale, specie Bangladesh, Myanmar, Manciuria e Vietnam del Nord.
Secondo una teoria gli Yeti potrebbero essere gli ultimi discendenti del “Gigantopithecus”; una specie di scimmia di grandi dimensioni, alta dai tre ai quattro metri vissuta nel Pleistocene (tra 2,58 milioni e 11,700 anni fa), e i cui resti vennero trovati dal paleontologo olandese Ralph von Koenigwald nel 1934; mentre era ad Hong Kong, Von Koenigwald avrebbe visto in una farmacia cinese da cui passò alcuni molari, simili a quelli umani, ma ben sei volte più grandi dei nostri, e che erano chiamati “denti di drago” e vennero ritrovati dai contadini nei loro campi, per poi essere usati nella medicina tradizionale cinese. Questi denti, nonché altre parti dello scheletro di creature simil-scimmiesche, furono trovati in una vasta area asiatica che si estende dal Vietnam del Sud alla Cina settentrionale fino al Tibet. Si suppone che l'intera regione fosse abitata da un gigantesco primate antropomorfo il quale, intorno a 500.000 anni fa, si sarebbe ritirato sull'Himalaya a causa dei cambiamenti climatici che avrebbero colpito il suo habitat naturale. Non ci sono prove che questa “migrazione” sia avvenuta realmente, anche perché il Gigantopithecus preferiva abitare foreste rigogliose e non habitat glaciali. Tuttavia, ne annoveriamo l’eventualità.
Un’ altra teoria, stavolta proposta dal sovietico Porsnev, avanza l’ ipotesi che si tratti di Uomini di Neanderthal” sopravvissuti fino ai giorni nostri.
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MISSING TIME NELLA PIRAMIDE DI CHEFREN
Nel dettaglio parliamo dell’articolo “Lo Zed, il tempo a Giza si ferma”(link per la lettura QUI) in cui abbiamo riportato sia lo studio di alcuni importanti ricercatori, sia un racconto di un’esperienza simile a quella che troverete qui di seguito, in cui il visitatore, con la sensazione di essere rimasto nella Grande Piramide per poco tempo, una volta fuori si è reso conto di esservi rimasto molto più di quanto non sembrasse. Forse, tutto è riconducibile a forze elettromagnetiche che ancora non conosciamo bene ed è tutto legato alla stessa esistenza dello Zed. Tuttavia, questa non è altro che una delle molte ipotesi, almeno per ora, al vaglio dei ricercatori e nulla più.
A voi la lettura e le opinioni.
L'imbocco del corridoio. |
Inizialmente, devo essere sincera, non ero intenzionata ad entrarvi, in quanto l’apertura esterna, che conduceva al corridoio interno, era alta circa 50 cm e di poco più larga, cosa da far venire la claustrofobia anche a chi non l’aveva mai sofferta.
Stavo bighellonando nei dintorni dell’entrata con mia sorella M., ancora indecisa sul da farsi, quando, ad un certo punto, una signora del gruppo ci avvicinò e disse: “ Perché non ci entriamo? Quando avremo la possibilità di ritornare qui?.
L’idea non era poi così errata e allora, dopo un breve consulto, detto fatto, demmo i soldi alla guida, insieme alla macchina fotografica, in quanto non è possibile, se non con permessi speciali, fare foto all’ interno della Piramide.
Io, A. e G., il marito della signoria che aveva invitato tutti ad entrare, ci incamminammo all’ ingresso. G. fece solo due passi, ma poi tornò prontamente indietro, bloccato dalla claustrofobia, mentre A. ed io penetrammo più nel profondo fino ad imboccare il corridoio. Per agevolare i turisti nel passaggio erano state messe ai lati del muro dei corrimani mentre per terra alcune asticelle di legno non facevano scivolare nella discesa, lunga 32 metri e molto poco illuminata. A metà strada, una rientranza custodiva dei ventilatori lì posti per refrigerare e far meglio circolare l’aria nell’ambiente, irrespirabile. Nell’avanzare verso l’interno della Piramide, sorse però il problema di incrocio con quei gruppi che, mentre noi stavamo entrando, uscivano attraverso lo stesso stretto passaggio. Bisognava allora appiattirsi al muro per poter passare e cercare di non “sentire” la claustrofobia e la poca aria tutt’attorno.
Al termine della discesa, un corridoio orizzontale terminava nella stanza del sarcofago, molto alta e spaziosa, in cui non faceva caldo e la cui aria era molto più respirabile di quanto non credessimo; sulla parete frontale dell’ambiente, posto all’interno di un rettangolo, c’era scritto “ Scoperto da Giovan Battista Belzoni” e il relativo anno della scoperta (2 marzo 1818); alla destra dell’entrata, sul fondo, si ergeva, imponente, il sarcofago scoperchiato.
A. disse: “ Andiamo a salutare il faraone” (anche se eravamo ben consci che in quell’ambiente non c’era mai stato un faraone). Ci avvicinammo, poggiammo ambedue le mani sul bordo del sarcofago in granito, perfettamente levigato anche all’interno, osservammo alcuni istanti il suo interno, le staccammo e ce ne andammo, riprendendo il tunnel percorso all’andata per dirigerci verso l’uscita.
Una volta fuori, mia sorella e G., preoccupatissimi, ci dissero : “ Ma quanto tempo ci avete impiegato?”
L'esterno della Piramide. |
Attoniti e perplessi, M. e G. ci risposero: “ Ma se siete state via 1 ora e mezzo!”.
2) Serve meno tempo di quanto non appaia per chi lo vive, solo che per noi erano passati 15-20 minuti mentre nella realtà erano trascorsi più di un’ora. In questo, caso, mancano circa un’ora, un’ora e 15 minuti, e non so cosa sia potuto succedere nel frattempo.
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Le radici della conoscenza occulta della Divina Commedia - Parte 4: le ultime scoperte
Firenze, 13-08-2014
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UN MEMORANDUM FBI RIVELA L'ESISTENZA DI FORME DI VITA ULTRADIMENSIONALI
Spesso abbiamo affrontato il tema della vita su altri pianeti, non ultimo quello che abbiamo pubblicato non meno di due settimane fa sulle onde radio captate dal telescopio Arecibo. Abbiamo anche dato notizia, però, circa 2 anni fa, dell'apertura e digitalizzazione degli archivi segreti dell'FBI (Federal Beurau of Investigation) circa i documenti che riguardano faccende "spinose" tra cui, come ovvio, il tema degli UFO e degli alieni.
Sebbene vi avessimo fornito queste notizie, tuttaiva non abbiamo avuto modo di scandagliare molto approfonditamente gli archivi, ma proprio oggi siamo venuti a conoscenza (tramite il sito internet universo7p.it ) di una serie di documenti non solo interessanti, ma incontrovertibili e alquanto inquietanti.
Nei testi desecretati, infatti, (in particolare nel "MEMORANDUM" di cui trattiamo noi, indirizzato a scienziati che lavorano per il Governo e ad alte autorità militari) l'FBI dichiara di trovarsi in una situazione critica, causa l'incontro con UFO che, nel caso in cui un popolo decidesse di attaccarlo, potrebbe portare a un disastro, e che adesso bisognerebbe comunque parlare apertamente di questi mezzi e delle creature che li guidano.
Sotto questo aspetto, potremmo dire che non c'è niente di speciale rispetto a quanto crediamo e sosteniamo da sempre; cioè che esistano effettivamente gli UFO e che questi potrebbero essere condotti da forme di vita intelligente, che ci visitano ormai da secoli (se non millenni) e che provengono da altri pianeti. La cosa sconvolgente, tuttavia, e che fino adesso era stata solo ipotizzata dagli ufologi e da alcuni ricercatori, è quello che si legge poche righe dopo.
Per la prima volta nella storia recente, secondo il memorandum che vi proponiamo, datato 8 luglio 1947 (stesso anno dell'incidente di Rosswell, in Nuovo Messico), si parla di "visitatori" ("visitors"del tutto simili a noi, ma giganti), e si dice, soprattutto, che questi provengono da una dimensione parallela alla nostra in cui vivono e da cui uscirebbero attraverso "porte temporali" e con "navi circolari".
Non ci dilunghiamo oltre e vi elenchiamo, di seguito, l'indice tradotto e che trovate sul documento in foto, ripreso direttamente dal sito dell'FBI riguardo il memorandum (http://vault.fbi.gov/UFO/UFO%20Part%201%20of%2016/view).
Pagina 22.
"Potrebbe svilupparsi una situazione molto difficile in ogni momento, per quanto riguarda i dischi volanti. Se uno di questi dovesse essere attaccato, il piano di attacco sarà immediatamente annientato. Nella mente del pubblico questo potrebbe creare panico e sospetto a livello internazionale. I principali dati relativi a queste imbarcazioni sono ora a nostra portata di mano e devono essere rivelati; non importa quanto possano apparire fantastici e incomprensibili alle menti predenentemente non istruite su questo tema.
1 - Parte della navicella avvistata aveva dei passeggeri, mentre l'altra era sotto controllo remoto.
2 - La loro missione è pacifica. I "visitatori" pianificano di rimanere sul nostro pianeta.
3 - I "visitatori" hanno aspetto in tutto e per tutto umano, tranne che nelle dimensioni (maggiori).
4 - Loro NON incarnano i Terrestri, ma vengono da un loro mondo.
5 - Loro NON vengono da "un altro pianeta" come noi crediamo, ma da un "Mondo Etereo" che compenetra il nostro senza che noi lo percepiamo.
6 - I corpi dei "visitatori" e le loro navi si manifestano entrando in vibrazione con la materia densa della Terra.
7 - I dischi volanti hanno raggi di energia radiante con cui possono facilmente distruggere ogni nave e, rientrando nel loro campo, possono sparire dalla nostra vista senza lasciare alcuna traccia.
8 - La regione da cui provengono NON è il piano astrale corrispondente a Loka o Talas. Gli studenti di esoterismo capiranno questi termini.
9 - I "visitatori" non utilizzano un sistema radio ma, probabilmente, un sistema radar che, forse, gli permette di individuare il luogo di apertura (lo "Stargate").
Concludiamo il nostro resoconto solo ricordandovi che il romanzo "L'oro di Dante" parla di questo tema in relazione alla Divina Commedia e all'Albero della Vita ebraico, secondo una ricerca condotta dallo stesso gestore di questo blog. A voi il compito di trarre le opportune conclusioni...
Ci sentiamo solo di dire che, se ci "elevassimo" spiritualmente, purificando mente, corpo e spirito, col tempo potremmo entrare in un sufficiente stato di vibrazione da eludere la "matrice" che abbiamo di fronte agli occhi (ricordate il film "Matrix"?) e che non ci permette, come ad altri esseri, di vedere la realtà e di viverla in ogni sua sfaccettatura e pluridimensionalità...
Filippo Martelli
FILIPPO MARTELLI è nato a Fiesole (FI), il 20/4/1988. Fondatore e gestore del blog The Voyager, ha collaborato alla stesura dei testi del documentario "Il divin segreto. Enigmi e verità su Dante Alighieri", 2009, di Michele Rossi, collaboratore del programma di Rai2 Voygaer e, da allora, ha approfondito i propri studi sulla Divina Commedia. Studi che sono confluiti nel suo primo romanzo, dal titolo "L'oro di Dante" (2013). Con la sua ricerca sulla Divina Commedia e sulle opere di Sandro Botticelli, Filippo Martelli si è classificato secondo all'edizione 2013 del Premio Nazionale Ricerca nel Mistero ed ha pubblicato un articolo dal titolo "Il Paradiso ritrovato di Dante" in merito al proprio studio sul numero 68 (giugno 2014) della rivista Fenix di Adriano Forgione, ex collaboratore dei programmi Voyager e Mistero e direttore editoriale della casa editrice Xpublishing.
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ANIMALI MISTERIOSI. IL DAHU: GENESI, ORIGINE E MITO.
Il Dahu è noto in cripto zoologia (dal greco antico: kryptos= nascosto; zoon= animale e logos= discorso, o studio; cioè: “studio degli animali nascosti”, o “studio degli animali non ancora ufficialmente scoperti e che sono sospesi tra tradizioni, miti, leggende e un pizzico di verità”) col nome scientifico di Dahutusmontanus.
Ma, secondo altre tradizioni, esisterebbero anche alcuni Dahu le cui zampe più corte sarebbero quelle anteriori (in questo caso, risulterebbero più facilitati nella salita e che sarebbero chiamati Dahu crescente frontalmente) e altri Dahu, invece, le cui zampe più corte sarebbero quelle posteriori, e che così risulterebbero più facilitati nella discesa (Dahu crescente posteriormente). Una quinta probabile variante di Dahu, è invece quella che lo prevedrebbe provvisto di una sola zampa corta (che sia anteriore dx o sx e/o posteriore dx o sx). Il che non comporterebbe un grosso vantaggio per l’individuo e la specie, garantendogli movimenti più liberi e meno limitati dalla disposizione e dalla lunghezza degli arti.
Una piovra gigante spiaggiata. |
Viene da chiedersi, allora, se siano possibile o presenti linee genetiche “pure” nel Dahu perché, come capiremo bene, questa rarissima specie animale (al limite tra il mito e la pura leggenda), qualora esistesse potrebbe anche essere il frutto di un incrocio tra specie diverse. Basti ad esempio considerare il caso più che “strano” dell’ornitorinco, che presenta muso e becco d’anatra, zampe palmate, coda simile a quella di un castoro e un corpo che pare quasi assemblato da parti prese da altri animali. Se non ne conoscessimo l’esistenza ma ne sentissimo solo raccontare l’aspetto, chiaramente crederemmo ad uno scherzo o che si tratti di un mito. Tuttavia, avendo in mano un’ampia documentazione su questo curioso essere, e sapendo dove e in che periodo trovarlo, ci sembra chiaro che potremmo e, soprattutto, che dovremmo applicare un ragionamento del tutto analogo al Dahu.
L'ornitorinco. |
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